16 marzo 2011

I SAVOIA...IL SEGUITO

“Così il vero Vittorio Emanuele II diventò Fausto a Castiglioni”.


Ribattezzato dopo il rogo e affidato a patrizi della zona. Ecco le carte.


Le carte Il documento che attesta l’esistenza di quel Fausto dietro al quale si sarebbe celata l’identità del vero Vittorio Emanuele II


“… Fausto fu portato a questo Spedale di Castiglioni alle ore 12 della mezza notte passata e fu battezzato alle 9 della mattina suddetta da me Giovanni Fabbrini parroco, comare Flavia Bernardi di Castiglioni…”. Poche frasi, scritte con la penna a inchiostro nel registro dei battezzati dell’anno 1820, a Castiglion Fiorentino. La data è il 30 marzo. E il sospetto è che dietro a quel Fausto non ci fosse un “trovatello” qualsiasi, uno dei tanti “gettatelli” figli del peccato di cui liberarsi. Forse era proprio il figlio primogenito di Carlo Alberto di Savoia Carignano e di Maria Teresa d’Asburgo Lorena, come sostiene una clamorosa teoria ora al vaglio degli studiosi. Un’autentica rivoluzione, qualora venisse dimostrata, nella storia dei Savoia e d’Italia. Il “nostro” Fausto, dunque, altri non era che il vero Vittorio Emanuele II, il bambino sopravvissuto al terribile incendio della culla, a Firenze. Rimasto seriamente ustionato e quindi divenuto “ingombrante”. Non più all’altezza di sostituire un giorno suo padre Carlo Alberto, a quel tempo impegnatissimo a scalare il trono del Regno di Sardegna. Che poi ottenne, passando alla storia come il re dello Statuto. Il Corriere di Arezzo , dopo aver dato notizia del clamoroso caso, si è mosso sulle tracce del vero Vittorio Emanuele II, o presunto tale. E abbiamo trovato la carta che sta all’inizio di tutto. E’ il documento che attesta l’esistenza di Fausto, il capostipite di una stirpe parallela a quella ufficiale dei Savoia. Solo il Dna potrà dire se si tratta di fantasie o realtà. Se davvero ci fu una diabolica macchinazione ordita dalla casa reale e dal granducato (Maria Teresa era figlia di Ferdinando III) in nome della ragion di Stato. I discendenti di Fausto hanno ricostruito tutti i passaggi successivi della vita di Fausto: l’affidamento del bambino a famiglie patrizie della zona, l’educazione, il matrimonio, i cinque figli, il trasferimento ad Arezzo e il radicamento nella città. Le spoglie mortali di Fausto giacciono in terra aretina. Basterà confrontare il patrimonio genetico con quello di Carlo Alberto e della regina e poi con quello dei discendenti di oggi. I documenti acquisiti fin qui sono blindati da una cortina di riservatezza e di prudenza. Il terreno è scivoloso e minato. La ricostruzione dei fatti, però, è suggestiva. Si immagina il buio della notte e una carrozza che arriva da Firenze in Valdichiana. I cavalli che si fermano davanti all’ospedale di Castiglion Fiorentino, quello in piazza Sant’Agostino, che oggi non è più ospedale. Gli incaricati scendono con un fagotto in braccio. E quel fagotto è un bambino. Probabilmente non passano dalla “ruota”, quella dove vengono lasciati i gettatelli. O forse sì. Le mani esperte dei sanitari prendono in cura il bambino, che presenta ustioni in varie parti del corpo, anche al viso. Il mattino dopo, perché il piccolo potrebbe morire, c’è subito il battesimo. Con il nuovo nome, Fausto. A sottolineare lo scampato pericolo delle fiamme. Sopravviverà, il piccolo. In salute. Anche se, si sospetta oggi, a quel bambino spettava il trono

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